venerdì 05 dicembre 2025

Dall’indagine sul caporalato nella moda, un invito a tutti noi a privilegiare un “altro” modo di vestirsi

Il caso dei brand della moda finiti nel mirino della procura di Milano mette in luce i temi etici legati all’industria del fashion. Un invito a tutti noi a fare le scelte giuste anche quando decidiamo cosa indossare.

Altrovestire
Editoriale di Alessandro Sessa
giubbotto avvolge mappamondo

La notizia, di cui non si sta parlando moltissimo a dire il vero, è di queste ore: tredici brand della moda sono finiti nel mirino della procura di Milano per presunto sfruttamento dei lavoratori nelle filiere di produzione. Le indagini si concentrano, in particolare, su situazioni di caporalato in aziende di piccole e medie dimensioni che producono in appalto o subappalto per conto dei marchi di lusso.

Naturalmente, bisogna aspettare l’esito di questa vicenda, che in ogni caso sta mettendo in evidenza (poco, in realtà) i risvolti etici che accompagnano l’industria dell’abbigliamento, attorno alla quale emergono da tempo criticità non solo relative al lavoro, ma anche all’impatto ambientale. Quello della moda è infatti uno dei settori che inquinano di più, dal momento che contribuisce al 10% delle emissioni globali di anidride carbonica e consuma oltre il 20% dell’acqua per usi industriali, secondo solo all’agricoltura. Sono i dati delle Nazioni unite a dirlo.

Per questo è importante pensare a un “altro” vestire, lontano dalle logiche dell’usa e getta, del fast fashion purché sia.

Ben venga l’impegno dei marchi, e non sono pochi, che si sono avviati sulla strada sostenibilità e dell’economia circolare, così come quello di start up innovative che stanno investendo in tecnologie che si basano sul riciclo dei materiali e sull’utilizzo di tessuti totalmente biodegradabili. Oltre che sul rispetto dei lavoratori, per tornare al tema da cui siamo partiti.

Ed è importante anche l’impegno di noi consumatori, che nel fare le nostre scelte possiamo indirizzare in senso virtuoso anche l’industria e i sistemi produttivi. Informiamoci più che possiamo sulla “storia” di quello che indossiamo e facciamo nostre alcune sane regole, quelle riassunte nelle tre “R”: ridurre gli sprechi, riutilizzare (nel guardaroba potremmo avere capi che meritano una seconda chance) e riciclare, ovvero dare una nuova destinazione a quello che non indossiamo più. Non meno importante, scegliamo e privilegiamo chi rispetta i diritti di tutti, a partire da quelli che hanno lavorato per produrre quello che ci mettiamo addosso.

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