venerdì 23 maggio 2025

Transizione green dell’auto in Europa: le proposte di Altroconsumo per un mercato sostenibile e accessibile

Nell’Unione europea è in discussione un nuovo piano industriale per il rilancio del settore auto. Altroconsumo ha partecipato alla consultazione parlamentare portando le sue proposte: servono innovazione, sostenibilità, ma anche risorse concrete per cittadini e imprese, affinché la transizione green sia davvero equa, accessibile e vantaggiosa per tutti.

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di Anna Vizzari
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Gli sconvolgimenti geopolitici degli ultimi mesi hanno evidenziato la fragilità del settore automobilistico europeo e la necessità di un deciso cambio di rotta. Per ridurre la dipendenza da combustibili fossili e materie prime critiche, serve un piano industriale auto ambizioso che guidi l’Europa verso una transizione ecologica giusta, sostenibile e inclusiva. La crisi può trasformarsi in un’opportunità strategica se accompagnata da investimenti adeguati in mobilità sostenibile, veicoli elettrici e infrastrutture intelligenti. La sfida è garantire produttività, innovazione e tutela ambientale, senza lasciare indietro cittadini e imprese, che devono essere sostenuti nel passaggio verso auto a basse emissioni e nuove modalità di trasporto condivise.

Le proposte di Altroconsumo per una mobilità sostenibile

Il piano industriale auto proposto dalla Commissione europea ci sembra vada in questa direzione, è fondamentale però il giusto tempismo. In qualità di organizzazione di consumatori molto attenta agli aspetti di sostenibilità Altroconsumo ha condiviso con le istituzioni italiane ed europee le proprie proposte per accelerare l’attuazione del piano, che potrebbe portare benefici significativi al mercato. Spunti e commenti che riguardano cinque grandi aree di intervento. Di seguito i riassumiamo le nostre richieste che potete leggere qui in versione integrale.

Innovazione e digitalizzazione della mobilità

Innovazione e digitalizzazione sono due aree molto importanti, che necessitano di interventi adeguati per avere anche in Europa una crescita della mobilità connessa, autonoma e integrata. A differenza delle città statunitensi e cinesi, però, molte città italiane ed europee sono più complesse dal punto di vista della mobilità e quindi per l’implementazione della guida autonoma. Riteniamo, dunque, che per prima cosa vada ripensata la mobilità urbana, aumentando l’uso più agevole della mobilità leggera e garantendo così anche un trasporto pubblico di linea e non di linea più efficiente. Efficienza ed efficacia che sono ottenibili solo con una visione sistemica dei mezzi di trasporto, dei parcheggi di interscambio e della possibilità di integrare diversi sistemi di mobilità pubblica e privata, anche autonoma, con una intermodalità che garantisca di poter viaggiare in modo continuo e capillare in tutte le aree urbane e non.

Dall’ultima indagine Altroconsumo sulla mobilità in città, emerge che la maggior parte dei cittadini vorrebbe ridurre l’utilizzo dell’auto privata. Una riduzione del traffico veicolare cittadino aumenta la propensione all’utilizzo di mobilità leggera e può permettere un migliore sviluppo e applicazione della guida autonoma, soprattutto sui mezzi pubblici.  Inoltre, una guida autonoma ben programmata e integrata nei flussi cittadini può aiutare a ridurre congestione stradale, tempi di trasporto e consumi, di conseguenza portare verso una maggior sostenibilità degli spostamenti (ovviamente occorre anche sempre considerare il corretto bilanciamento con l’aumento di utilizzo di risorse per lo sfruttamento dell’intelligenza artificiale).

Chip, software e IA sono i tre ingredienti principali del veicolo connesso e automatizzato del futuro e sono funzionali alla mobilità condivisa, connessa e autonoma. Il lavoro e il mercato legato a chip e IA, in Italia ma anche in Europa, non sono al passo con Stati Uniti ed estremo oriente. Serve investire in tecnologia e formazione professionale e da questo punto di vista i fondi europei potrebbero essere, se ben usati, un aiuto nel quadro complessivo delle soluzioni.

Incentivi e sostegno economico per cittadini e imprese

Occorre sostenere la domanda di imprese e cittadini che devono acquistare nuovi veicoli spesso più costosi delle auto a motore termico. In Italia nel 2023 e nel 2024 sono stati introdotti i cosiddetti ecobonus cioè incentivi per l’acquisto delle auto elettriche; i fondi erano però limitati e nel 2024 sono andati esauriti in pochissimo tempo. Nel 2025 si parla di nuovo di ecobonus. Al di là di questo tipo di incentivi, però occorrono interventi anche a livello fiscale di natura strutturale e di più ampio respiro al fine di favorire un vero ricambio del parco automobilistico orientato alla mobilità elettrica e pulita. Bene, dunque, l’impegno della Commissione a sostenere l’acquisto di un’auto con incentivi coordinati a livello europeo. Vanno eliminate le misure temporanee e i cosiddetti “click day”, servono risorse adeguate ad una transizione che permetta scelte corrette senza costi eccessivi a carico dei consumatori.

Promuovere il leasing e la mobilità condivisa

La Commissione europea vorrebbe implementare il cosiddetto leasing sociale, cioè misure di favore per permettere il leasing di veicoli a emissioni zero ai clienti vulnerabili con un adeguato supporto economico statale (anche con i fondi europei). In questo concetto di leasing sociale potrebbe rientrare anche il noleggio a lungo termine che permette di “affittare” un’auto con servizi aggiunti (assicurazione e manutenzione in primis) pagando una rata mensile. Queste forme di condivisione dei veicoli potrebbero avere senso come alternativa all’auto di proprietà. Anzi, sarebbe anche utile prevedere altre forme di condivisione del veicolo, per esempio con sharing più lunghi o noleggi a lungo termine di durata più breve rispetto a quelle ora presenti sul mercato (in genere triennali).

Le auto aziendali

La transizione nel mercato dell’auto passa anche dal settore delle auto aziendali. In questo comparto, oggi in Italia un’auto su quattro, tra quelle immatricolate annualmente, è in leasing. Dopo circa tre anni questi veicoli vengono destinati, in larga parte, al mercato di seconda mano, dunque ai consumatori. Promuovere una più diffusa elettrificazione del mercato del leasing, quindi, può dare in prospettiva un contributo importante nel rendere l’auto elettrica sempre più diffusa, accessibile e conveniente. Si tratta di aumentare le opzioni di accesso alla mobilità pulita e di garantire la possibilità per i consumatori di acquistare veicoli elettrici relativamente recenti, più economici rispetto al nuovo ovvero con prestazioni della batteria garantite. È giusto lavorare su incentivi fiscali e misure agevolative che premino le aziende che dotano i loro dipendenti di auto a emissioni zero e spingere le aziende verso la scelta di veicoli aziendali che siano compatti e leggeri e non solo verso auto grandi, pesanti, ingombranti e che consumano di più. Questo però evitando di colpire i dipendenti stessi come purtroppo stava per accadere con l’ultima misura della Finanziaria 2025 corretta in corso d’opera con la legge di conversione del Dl bollette. Inoltre, sarebbero da sostenere anche fiscalmente tutte le misure aziendali che prevedono l’incentivazione del trasporto pubblico, dell’uso della mobilità leggera come la bicicletta, del car pooling e dello sharing tra i dipendenti. Anche in questo caso incentivi fiscali o contributi economici per l’acquisto dell’abbonamento del trasporto pubblico e delle altre forme di mobilità sostenibile sarebbero ottimali, così come prevedere dei contributi economici premianti per il dipendente che usa questi sistemi green rispetto alla classica auto con unico automobilista.

Rete di ricarica elettrica e colonnine: la sfida dell’infrastruttura

Quando si parla di emissioni zero ed uso di mezzi elettrici, l’argomento da non sottovalutare è anche quello della diffusione della rete di ricarica elettrica. La situazione in Italia non è ancora ottimale, ci sono poco meno di 66mila colonnine, ma la distribuzione territoriale non è omogenea e questo impedisce che il mezzo elettrico possa essere davvero una valida alternativa. Indipendentemente da dove si risiede infatti, perché l’auto elettrica possa davvero sostituire un’auto alimentata a benzina o diesel, occorre avere la certezza che sia possibile dappertutto la ricarica. In Italia oggi questo non è possibile. Ci sono città con un buon numero di colonnine, ma la diffusione è a macchia di leopardo e le incertezze non facilitano l’acquisto dell’elettrico che, al momento, è destinato ad essere un veicolo ad uso prevalentemente urbano nelle città e aree metropolitane sufficientemente attrezzate. Il miglior modo di utilizzare un’auto elettrica è caricarla quando è parcheggiata a lungo. Non tutti, però, hanno un box e non sempre è possibile installare colonnine di ricarica in condominio. Bisognerebbe quindi promuovere e semplificare l’installazione di punti di ricarica privati negli edifici esistenti e in quelli nuovi dando, ad esempio, accesso a fondi pubblici per installare colonnine private e condivise negli edifici. È quello che speriamo si possa realizzare anche grazie al piano europeo per l’auto. In Italia si sta incentivando il numero di colonnine domestiche con il cosiddetto “bonus colonnine”, ma un numero elevato di colonnine nello stesso condominio potrebbe portare ad un sovraccarico di rete e alla necessità di adeguare impianti elettrici e distribuzione per garantire una fornitura capillare senza rischi di sovraccarichi di rete; ed anche in questo caso si tratta di investire risorse per ammodernare e rafforzare la rete elettrica italiana. Ci auguriamo quindi che parte dei fondi europei del piano auto possa essere destinata anche a questo aspetto.

Più trasparenza per i consumatori e le etichette auto

Nel 2026 la Commissione riesaminerà la direttiva sull’etichettatura delle autovetture, al fine di aiutare i consumatori a compiere scelte sostenibili e contribuire all’obiettivo di aumentare la diffusione dei veicoli a emissioni zero. Tale risultato può essere conseguito, ad esempio, includendo informazioni sul tenore di carbonio dei materiali chiave utilizzati nel veicolo. Verrà anche introdotto il Passaporto delle batterie elettriche: che evidenzierà lo stato di salute della batteria e le riparazioni effettuate. Questo di certo aiuterà chi deve acquistare un’auto elettrica usata. Un passaporto sullo stato della batteria sicuramente è qualcosa di utile e interessante per chi vuole comprare un’elettrica usata. Al momento le batterie sono garantite nella maggior parte dei casi per 8 anni e 160/180 mila km. Questo ovviamente porta ad una perdita di valore del veicolo cospicua già in pochissimi anni.  Occorre anche ricordare però che la vera durata della batteria dipende moltissimo dall’utilizzo e dalle modalità di ricarica. Avere una panoramica dello stato di salute e degli interventi effettuati permette al consumatore una valutazione decisamente migliore sull’acquisto. Ed inoltre è uno strumento che potrebbe allungare il ciclo di vita di un’auto elettrica. L’informazione relativa ai veicoli elettrici deve essere trasparente sia in fase di acquisto di un veicolo nuovo che di un usato, facendo tesoro dei comportamenti lesivi dei diritti dei consumatori adottati in passato da diverse cause automobilistiche, che dichiaravano falsi consumi (Antitrust ha aperto un’indagine e Altroconsumo ha fornito dati a supporto), occorre avere normative e controlli che tutelino gli utenti da una comunicazione errata e fuorviante.

Autonomia strategica e filiere europee

Il tema dell’approvvigionamento delle risorse è fondamentale e quindi ben venga cercare accordi in diversi Paesi per evitare la dipendenza se non la sudditanza da un unico partner commerciale. Sono anni cruciali per investire in ricerca di soluzioni che possano permettere all’Europa di essere più “indipendente” in questa catena e avere la possibilità di sviluppare in modo efficace la mobilità elettrica. Tra le varie proposte della Commissione europea riteniamo molto interessante il richiamo all’economia circolare per riuso delle batterie: proprio parlando di riuso delle batterie potrebbe essere opportuno prevedere anche un’infrastruttura di micro-produzione di energie rinnovabili (solare e in alcuni rari casi microeolico). Infatti, le batterie elettriche non più performanti per le auto possono fungere da stoccaggio di energia rinnovabile negli impianti domestici.

Lavoro e transizione giusta nel settore auto

Ovviamente, parlando di sostenibilità e di piano industriale europeo per l’auto occorre tenere sempre in considerazione la dimensione sociale. Fondamentale tener conto della perdita di posti lavoro nel settore automobilistico tradizionale e nell’indotto. Occorre riqualificare la forza lavoro con incentivi adeguati ed occorre partire subito. Servono dunque percorsi e risorse per la riqualificazione dei lavoratori del settore auto; il capitale umano è fondamentale quando si parla di innovazione e di produttività. Non possiamo pensare che nel futuro prossimo la produzione di auto e le fabbriche possano essere uguali a quelle attuali, quindi, occorre investire in innovazione tecnologica e in formazione. Allo stesso tempo serve anche trovare risorse per gli ammortizzatori sociali. Sarà comunque inevitabile la perdita di posti di lavoro o la sostituzione di alcuni lavoratori con altri più qualificati.

Un mercato unico per la competitività europea

Quelle della Commissione europea sono considerazioni imprenditoriali del tutto condivisibili all’interno di un piano industriale che punta alla competitività e all’innovazione; soprattutto crediamo che nel settore auto, così come in quello dell’energia, e in altri settori strategici, occorra creare un vero mercato unico europeo che ci permetterà di usare bene le risorse, di fare accordi adeguati lato importazioni ed esportazioni, di valorizzare il nostro know-how e di competere quindi meglio sul mercato mondiale. Da questo punto di vista occorre rimuovere tutte le barriere che possano impedire il mercato unico: fiscali, contrattuali, culturali, infrastrutturali.

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