martedì 14 ottobre 2025

Ridurre l’impatto degli pneumatici si può: le soluzioni di oggi e le sfide di domani

Ogni viaggio lascia una traccia, ma non tutte sono visibili. Gli pneumatici sono tra le principali fonti di microplastiche, ma nuove tecnologie e buone pratiche possono ridurne l’impatto. Ecco cosa possono fare produttori, automobilisti ed Europa per cambiare le regole del gioco.

Altroviaggiare
di Lorenza Resuli
pneumatici su strada

Ogni volta che si muove, l’auto inquina. E non solo con i gas di scarico: anche l’usura degli pneumatici rilascia nell’ambiente un’enorme quantità di microplastiche. Ogni anno, si stima che nell’Unione europea vengano prodotte circa 500mila tonnellate di residui da abrasione delle gomme, ovvero una parte significativa del crescente inquinamento da plastica a livello globale. Nel nostro Paese, la gomma sintetica derivante da questo processo rappresenta quasi un terzo di tutte le emissioni di microplastiche.

È un problema ancora poco noto, ma finito finalmente sul tavolo del legislatore europeo, che sta già lavorando alla nuova normativa Euro 7, destinata a introdurre limiti anche per le emissioni non da scarico, come quelle prodotte dall’usura delle gomme.

In questo scenario, Altroconsumo collabora con Adac – l’ente tedesco di riferimento per i test sugli pneumatici – alla realizzazione diuna serie di test che forniscono dati preziosi sia per delineare un quadro preciso della situazione attuale, sia per orientare le scelte normative future verso la tutela dei consumatori.

Ma quali azioni possono mettere in campo automobilisti e produttori per ridurre l’impatto ambientale degli pneumatici, conciliando sicurezza, sostenibilità e convenienza?

Perché gli pneumatici inquinano

Quando l’auto si muove, la forza del motore si trasmette dagli pneumatici all’asfalto. In questo processo, una piccola parte del materiale degli pneumatici si consuma e si stacca. Ma non si tratta solo di gomma: le particelle rilasciate sono un mix di varie sostanze, compresi residui vari di sporco sulla strada, come terra, sabbia, acqua o foglie. 

Gli esperti le chiamano Trwp (Tyre and road wear particles), ovvero particelle da usura di pneumatici e strada. Un termine che descrive meglio la complessità del materiale disperso rispetto alla semplice abrasione degli pneumatici. Nel corso della sua vita, uno pneumatico può arrivare a perdere fino a un chilo di peso sotto forma di queste particelle, che finiscono nell’ambiente.

Solo una piccola parte di queste particelle resta nell’aria e può essere inalata dall’uomo. Fortunatamente, essendo più grandi del particolato fine (come PM10 o PM2.5), generalmente non penetrano in profondità nel sistema respiratorio.

La maggior parte di Trwp, invece, resta sull’asfalto o nelle zone attigue alla strada. Quando piove, però, una grossa parte di queste particelle viene trascinata via dall’acqua e finisce nelle fognature o si disperde nel terreno lungo i bordi delle strade. Questo comporta un serio rischio di inquinamento per suolo e acque, mentre le conseguenze indirette sulla salute umana sono ancora oggetto di studio.

Abrasione degli pneumatici: i fattori che la influenzano

L’usura degli pneumatici dipende da una combinazione di tecnologia del veicolo, stile di guida e condizioni esterne. I test dimostrano che più un’auto è pesante, maggiore sarà l’abrasione prodotta.

Ecco i principali fattori che incidono sull’abrasione:

peso del veicolo: più è alto, maggiore sarà l’usura;

coppia motrice: nei veicoli elettrici, l’elevata coppia può accelerare l’usura soprattutto in fase di partenza. Tuttavia, gli pneumatici a bassa usura sembrano mantenere buone prestazioni anche sulle auto elettriche;

geometria degli assi: se non è ottimale, può aumentare l’usura;

stile di guida: frenate brusche, accelerazioni forti e curve veloci consumano molto di più le gomme. Una guida fluida e predittiva riduce l’abrasione;

condizioni esterne: salite, fondi stradali in cemento anziché asfalto, pioggia e superfici bagnate aumentano l’usura;

altri elementi: velocità elevate o la guida con rimorchio contribuiscono a consumare più rapidamente gli pneumatici.

Come si misura l’usura degli pneumatici

Ma come si fa a capire quanto uno pneumatico si consuma e quante microplastiche rilascia nell’ambiente? Nel 2025 l’Unece (United nations economic commission for Europe) ha introdotto una nuova metodologia che prevede un test su strada aperta, condotto da un piccolo gruppo di auto: una parte monta pneumatici di riferimento, le altre quelli da valutare. Dopo aver viaggiato per circa 8mila chilometri su percorsi misti (urbani, extraurbani e autostradali), seguendo stili di guida e velocità controllati, gli pneumatici vengono pesati: confrontando il peso iniziale con quello finale, si misura la quantità di materiale perso, ovvero l’abrasione.

L’Adac, in collaborazione con Altroconsumo, conduce test di usura degli pneumatici da oltre 15 anni con una metodologia che va oltre quella adottata da Unece. La distanza percorsa dalle gomme durante i test è quasi doppia, cioè 15mila km: la lunga distanza permette non solo di determinare l'abrasione (perdita di massa), ma anche di prevedere in maniera molto più precisa la durata chilometrica dello pneumatico

In futuro, l’obiettivo sarà spostare questi test su banchi prova, per ridurre l’impatto ambientale e i disagi sul traffico legati alle prove su strada. Le normative prevedono già questa possibilità, ma serviranno ulteriori sviluppi per renderla operativa.

Pneumatici e microplastiche: i risultati dei test sull’abrasione

Dal 2023 Adac ha introdotto un nuovo protocollo di test che, oltre alla sicurezza, valuta la sostenibilità ambientale degli pneumatici. L’abrasione viene ora espressa in milligrammi per chilometro per tonnellata di peso del veicolo (mg/km/t), un’unità che consente confronti più stringenti tra i modelli.

Con questo nuovo metodo, sono già stati testati e pubblicati i risultati di 160 modelli di pneumatici, dai quali emergono differenze significative tra i produttori. Il marchio Michelin si conferma il migliore per basse emissioni da usura, con una media di appena 52 mg/km/t. Seguono altri brand premium, come Hankook (62 mg/km/t), Continental (63 mg/km/t) e Goodyear (65 mg/km/t). Questi marchi dimostrano che è possibile produrre pneumatici sicuri e a bassa abrasione, ma si collocano in una fascia di prezzo elevata.

Tra i marchi di qualità a prezzo medio, si trovano Kumho (70 mg/km/t), Falken (72 mg/km/t), Semperit, Vredestein e Dunlop (intorno ai 73 mg/km/t).

In negativo spiccano due produttori premium: Pirelli (76 mg/km/t) e Bridgestone (78 mg/km/t), che sembrano aver privilegiato la sicurezza su strada rispetto alla riduzione dell’abrasione. Fanalino di coda: Firestone, con una media di 82 mg/km/t.

Tra i casi estremi: Avon ZV7, che raggiunge 126 mg/km/t, cioè un valore quattro volte superiore rispetto al miglior pneumatico dei test, senza peraltro eccellere nelle prove di sicurezza; e Michelin e-Primacy, che registra appena 35 mg/km/t.

In alcuni pneumatici economici come i modelli Doublecoin, infine, la bassa abrasione si accompagna a prestazioni di sicurezza molto scarse. Questo mette in luce una tensione reale tra la necessità di ridurre l’impatto ambientale e quella di garantire la sicurezza stradale.

Cosa dovrebbero fare gli automobilisti per ridurre l’usura

Limitare l’abrasione degli pneumatici e il loro impatto sull’ambiente è possibile, a partire da pochi gesti quotidiani. La prima scelta importante riguarda il tipo di gomma: optare per pneumatici a bassa usura è una soluzione sostenibile, che conviene soprattutto a chi percorre molti chilometri, perché riduce l’impatto ambientale e permette anche di risparmiare nel tempo. È poi fondamentale utilizzare gomme adatte alla stagione: montare quelle estive in estate e le invernali nella stagione fredda aiuta a mantenerle nella giusta fascia di temperatura, evitando un consumo eccessivo del battistrada.

Anche la manutenzione gioca un ruolo chiave. Controllare regolarmente la pressione è un’abitudine semplice ma essenziale: valori troppo alti o troppo bassi possono accelerare l’usura. Allo stesso modo, verificare periodicamente l’allineamento degli assi in officina è importante, soprattutto se si notano segni di consumo irregolare. Infine, adottare uno stile di guida fluido e regolare non solo rende la guida più sicura, ma contribuisce anche a ridurre l’impatto ambientale e i consumi di carburante.

E cosa dovrebbero fare i produttori

Anche i produttori di pneumatici possono fare molto per ridurre l’abrasione e, di conseguenza, l’impatto ambientale. Le raccomandazioni che arrivano dalle fonti sono chiare e tracciano una strada precisa. Innanzitutto, è necessario progettare pneumatici sicuri e a bassa usura: oggi la tecnologia lo consente, e i produttori dovrebbero sfruttarla al massimo per diminuire le emissioni di microplastiche. Serve poi una maggiore consapevolezza sul tema dell’abrasione, soprattutto da parte dei marchi premium, che dovrebbero assumersi la responsabilità di comunicare con trasparenza l’impatto ambientale dei propri prodotti.

Un altro punto cruciale riguarda gli pneumatici Uhp (Ultra-high performance): pensati per le alte prestazioni in pista, nel traffico quotidiano offrono vantaggi minimi. Per questo, l’attenzione dovrebbe spostarsi verso soluzioni più sostenibili, sicure e adatte all’uso comune. Anche ampliare la disponibilità di versioni ecologiche in tutte le dimensioni può fare la differenza: quando esistono limiti tecnici che impediscono di ridurre l’abrasione senza compromettere la sicurezza, è importante informare chiaramente i consumatori e guidarli verso alternative più responsabili. Infine, un piccolo ma significativo intervento riguarda i residui di produzione: le piccole “barbe” di gomma presenti sugli pneumatici nuovi non hanno alcuna funzione e contribuiscono all’abrasione iniziale. Eliminarle significherebbe ridurre una fonte di inquinamento tanto invisibile quanto inutile.

Normativa Euro 7: limiti alle emissioni da pneumatici e novità in arrivo

Prevista per fine 2026 e applicabile agli pneumatici per auto dal 1° luglio 2028, la nuova normativa Euro 7 introdurrà limiti alle emissioni non prodotte dallo scarico, come quelle causate dall’usura sia dei freni sia degli pneumatici.

Sul fronte delle gomme, il limite sarà espresso in mg/km/t (milligrammi di materiale abraso per chilometro percorso per tonnellata di peso del veicolo). Questo sistema, già adottato nei test Adac, consente di confrontare in modo oggettivo le prestazioni delle gomme, a prescindere dal tipo di veicolo, ed evita che i produttori sacrifichino la sicurezza per ridurre l’abrasione nei modelli più pesanti.

La metodologia per i test sarà definita nell’ambito della UN Regulation No. 117 – Annex 10, attualmente in fase di finalizzazione.

Stabilire il giusto limite di abrasione sarà fondamentale perché se troppo severo, potrebbe spingere i produttori a penalizzare la sicurezza; se troppo permissivo, rischia di non avere un impatto reale sull’ambiente.

I test condotti finora dimostrano che alcuni produttori premium sono già in grado di offrire pneumatici sicuri e con basse emissioni da usura. Ma sarà importante garantire anche l’accessibilità economica, in modo che tutti i consumatori possano permettersi modelli meno inquinanti senza rinunciare alla sicurezza.

 

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