Nel mondo del turismo, l’etichetta città green è sempre più usata. E spesso abusata. Leggiamo di città green nei depliant delle agenzie, nei siti di promozione turistica, persino nelle pubblicità delle compagnie aeree. Ma cosa significa davvero viaggiare verso una città ecosostenibile? E quali sono oggi le città più verdi d’Europa o d’Italia?
Per rispondere con consapevolezza e non cadere nel greenwashing, con l’esperta di sostenibilità di Altroconsumo Silvia Bollani abbiamo analizzato dati ambientali, classifiche internazionali e rapporti ufficiali. Il risultato? Uno sguardo su come riconoscere una città sostenibile, dove il rispetto non sia solo per l’ambiente ma anche per chi abita la città.
Come riconoscere una vera città ecosostenibile
“Una città green – spiega Bollani – è molto più di un luogo con qualche parco urbano o un servizio di bike sharing”. Le città, a livello globale, sono responsabili del 70% delle emissioni di CO₂, in gran parte legate al settore dei trasporti, all’edilizia e al consumo di suolo. L’attenzione all’ambiente in ambito urbano passa quindi da scelte concrete: pianificazione incentrata sulla mobilità leggera e attiva, riduzione del consumo di suolo, transizione a fonti di energia rinnovabile, creazione di servizi pubblici accessibili a chiunque, tutela delle aree verdi e della biodiversità.
“Non basta – prosegue – piantare qualche albero o costruire grattacieli ‘green’ per guadagnarsi il titolo di città ecosostenibile: conta l’impatto reale sulla qualità della vita e sull’ambiente, misurabile con indicatori ambientali chiari”.
Sostenibilità e disuguaglianze: un legame poco considerato
“Uno degli aspetti meno discussi – spiega ancora Bollani – è il legame tra sostenibilità e disuguaglianza economica. Secondo dati pubblicati su Nature, il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del 47% delle emissioni globali, mentre il 50% più povero contribuisce solo al 10%. In questo contesto, molte città europee o statunitensi, pur ricche di iniziative ‘green’, sono in realtà tra le più inquinanti e impattanti”.
Spesso, la sostenibilità viene proposta come un bene di lusso, accessibile e riservata solo a chi può permetterselo. Fenomeni come la gentrificazione verde espellono le fasce meno abbienti dal centro urbano, trasformando la città sostenibile in un modello insostenibile.
Città sostenibili: esempi oltre la retorica
Nel dibattito mainstream, le classifiche delle città più verdi d’Europa sono dominate da destinazioni ben note: Amsterdam, Copenaghen, Oslo. Tuttavia, queste graduatorie, come il Global destination sustainability index, sono spesso influenzate da logiche promozionali e dal turismo internazionale. La missione dichiarata di questi indici è infatti quella di aiutare città e operatori turistici a costruire “destinazioni rigenerative”, cioè luoghi che non si limitano a ridurre l’impatto ambientale del turismo, ma che puntano a migliorare attivamente il benessere delle comunità e degli ecosistemi. Un obiettivo nobile, ma che spesso rischia di scivolare nella comunicazione d’effetto più che nell’efficacia ambientale.
Per un turista attento, è più interessante cercare città che mostrano coerenza tra politiche pubbliche e risultati ambientali, indipendentemente dal loro livello di popolarità. In questo senso, anche piccole città o borghi possono offrire esperienze autentiche in contesti dove mobilità, consumo energetico e qualità dell’aria sono sotto controllo.
Mobilità sostenibile: un indicatore chiave
“Quando si parla di città green – aggiunge Bollani – la mobilità è uno degli aspetti più visibili e tangibili per chi viaggia. Una città ecosostenibile non si riconosce solo dal numero di piste ciclabili o dai tram in circolazione, ma da un disegno urbano complessivo che riduce la dipendenza dall’auto privata, favorisce gli spostamenti a piedi o in bicicletta e migliora l’accessibilità anche economica e la capillarità dei servizi di trasporto pubblico”.
Nel panorama europeo, città come Amsterdam, Copenaghen, Utrecht, Parigi, Valencia e Pontevedra sono considerate modelli da seguire per il loro approccio integrato alla mobilità leggera. Non si tratta solo di avere tante biciclette, ma di ripensare la città come luogo di vita e incontro delle persone. Alcune di queste città, come Pontevedra (in Spagna), hanno eliminato quasi del tutto il traffico automobilistico nel centro urbano, rendendo la qualità della vita nettamente superiore alla media.
Dati come quelli del Global bicycle city index 2022 o del portale PeopleForBikes city ratings mostrano come queste città abbiano investito con continuità negli anni, puntando su zone 30, servizi a livello di quartiere, percorsi ciclabili e spazi pubblici più vivibili.
Le città italiane che investono davvero nella mobilità dolce
Anche in Italia emergono città più sostenibili: esempi come Ferrara, Bologna, Olbia e Bolzano, che spiccano per il tasso di ciclabilità, la qualità del trasporto pubblico e la promozione di zone pedonali. “Si tratta spesso di città di medie dimensioni – chiarisce Bollani – dove le scelte di riduzione della dipendenza dalle automobili private danno benefici anche sotto altri aspetti: la qualità della vita, dell’ambiente, la riduzione dell’inquinamento e la salute delle persone”.
Per chi sceglie di viaggiare in modo più rispettoso dell’ambiente, muoversi in una città pensata per pedoni e ciclisti significa riscoprire ritmi più umani, maggiore sicurezza stradale e una relazione più diretta con lo spazio urbano.
Le grandi città ci stanno provando
Nonostante le grandi città abbiano un impatto ambientale spesso più elevato – a causa di densità abitativa, traffico, attività industriali e turismo di massa – non mancano esempi di metropoli che stanno tentando di cambiare rotta. “Anche se non possono competere, in termini di equilibrio ambientale, con piccoli borghi o città di medie dimensioni, alcune capitali europee stanno dimostrando una volontà concreta di ridurre il proprio impatto e migliorare la qualità della vita dei cittadini”.
Un esempio virtuoso è il network C40 Cities, una rete globale che coinvolge un centinaio di città nel mondo impegnate a rispettare l’Accordo di Parigi e a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Tra le città europee coinvolte ci sono Roma, Londra, Parigi, Barcellona, Oslo, ma anche realtà extraeuropee come Mumbai, Montreal, Hong Kong e Addis Abeba. L’obiettivo è ambizioso: dimezzare le emissioni entro il 2030, adottando piani d’azione basati su dati scientifici, politiche inclusive e misure tangibili.
Il valore del C40 non sta solo nei progetti realizzati, ma nella capacità di favorire il confronto e la condivisione di buone pratiche tra città diverse per dimensione, cultura e modello economico. Le iniziative spaziano dalla riqualificazione di quartieri periferici con criteri ambientali, alla diffusione di infrastrutture per la mobilità elettrica, fino alla creazione di spazi verdi resilienti al cambiamento climatico.
“Un altro elemento da non trascurare è il ruolo delle politiche locali. Molte città che ambiscono a essere considerate città green stanno adottando strategie per migliorare l’efficienza energetica degli edifici, ampliare la forestazione urbana, incentivare la produzione di energia solare o rendere obbligatoria la raccolta differenziata. Tuttavia, l’efficacia di queste azioni dipende spesso dalla volontà politica di renderle strutturali, accessibili a tutti e non solo misure di facciata”.
Il rischio del greenwashing istituzionale
“È importante anche riconoscere che molte città, pur lanciando ambiziosi programmi green, devono affrontare contraddizioni evidenti: da un lato annunciano la piantumazione di milioni di alberi, dall’altro favoriscono la cementificazione con oneri urbanistici ridotti, oppure promuovono eventi pubblicizzandoli come sostenibili quando in realtà non lo sono per davvero. In questi casi, il rischio è quello del greenwashing istituzionale”.
Per questo, chi viaggia può avere un ruolo attivo: premiare con la propria scelta le città che investono davvero in sostenibilità ambientale e sociale. In definitiva, anche le grandi città ci stanno provando – con tempi diversi e risultati spesso parziali – ma rappresentano comunque un terreno fertile per innovazioni, esperimenti e modelli replicabili altrove.
Qual è la città più verde d’Italia?
“Se guardiamo ai dati raccolti nel rapporto Ecosistema Urbano del Sole 24 Ore, una delle fonti più complete per valutare la sostenibilità ambientale delle città italiane, emergono risultati interessanti e in parte inattesi”. L’indice valuta parametri come qualità dell’aria, mobilità pubblica, consumo di suolo, gestione dei rifiuti, presenza di verde urbano, energia solare pubblica ed efficienza della rete idrica.
Nel 2024, la vetta della classifica spetta a Reggio Emilia, seguita da Trento e Parma. Non si tratta di metropoli, ma di città a misura d’uomo che da anni hanno integrato nelle proprie politiche urbane una visione ambientale trasversale: parchi diffusi, investimenti in fonti rinnovabili, trasporto pubblico efficiente e attenzione alla qualità della vita.
Reggio Emilia, ad esempio, eccelle nell’uso efficiente del suolo, nella raccolta differenziata e nella presenza di verde accessibile. Trento, invece, si distingue per la qualità dell’aria e l’utilizzo di energia pulita, mentre Parma è un modello per la gestione dei rifiuti e l’urbanistica orientata alla vivibilità.
Le città più green non sono sempre le più famose
Va detto che le città più green d’Italia, secondo questi indicatori, non sono necessariamente le più turistiche o le più celebri. E proprio questo è un elemento di riflessione per chi viaggia: la sostenibilità non è sempre dove ci si aspetta. A volte, scegliere mete meno note ma più virtuose significa scoprire un’Italia diversa, innovativa e profondamente legata al territorio.
Per chi cerca una risposta alla domanda “qual è la città più verde d’Italia?”, queste città offrono non solo buone pratiche, ma anche esperienze di viaggio alternative, dove il benessere non si misura solo in attrazioni da visitare, ma nella qualità dell’aria che si respira e nella facilità con cui ci si muove.