mercoledì 18 giugno 2025

Agricoltura sostenibile e fondi europei: le priorità degli italiani nella riforma della Pac

Un’indagine europea svolta da Beuc, Icrt ed Euroconsumers rivela cosa pensano i cittadini italiani dell’agricoltura e delle politiche europee che la regolano. Il giudizio è positivo sul settore, ma molti non conoscono la Pac (la Politica agricola comune decisa dall’Unione europea) e chiedono più giustizia sociale, ambientale ed economica nella distribuzione dei fondi.

 

Altromangiare
di Pierfrancesco Catucci
mani con germogli di piante

In un’epoca in cui la sicurezza alimentare, la sostenibilità ambientale e la giustizia economica sono diventate priorità globali, anche l’agricoltura torna al centro del dibattito pubblico. Non solo per le proteste che hanno attraversato l’Europa negli ultimi mesi, ma anche per il ruolo chiave che il settore riveste nella nostra vita quotidiana: quello di garantirci cibo, lavoro, equilibrio ambientale.

Per questo, capire cosa pensano i cittadini dell’agricoltura e delle politiche europee che la sostengono è oggi più che mai essenziale. Un’indagine condotta da Beuc, Icrt ed Euroconsumers (l’organizzazione di cui fa parte Altroconsumo, assieme a Test Achat in Belgio, Ocu in Spagna e Deco in Portogallo) tra fine gennaio e inizio febbraio in otto Paesi dell’Unione europea – tra cui l’Italia – ha fotografato le percezioni, le aspettative e le critiche dei consumatori nei confronti della Politica agricola comune, nota come Pac. E i risultati, per quanto coerenti con le tendenze europee, rivelano anche tratti peculiari della sensibilità italiana.

Prima di entrare nel dettaglio dei dati, cerchiamo di capire meglio che cos’è la Pac e perché ci riguarda tutti.

Che cos’è la Politica agricola comune e perché ci riguarda tutti

La Politica agricola comune (Pac) è una delle politiche storiche dell’Unione europea. Introdotta nel 1962, rappresenta ancora oggi quasi un terzo del bilancio comunitario e ha l’obiettivo di sostenere il settore agricolo, garantire un reddito equo agli agricoltori, stabilizzare i mercati, assicurare l’approvvigionamento alimentare e mantenere i prezzi accessibili per i consumatori.

Oggi la Pac è finanziata attraverso due pilastri principali: il Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga), che copre soprattutto i pagamenti diretti agli agricoltori, e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), destinato a progetti di sviluppo sostenibile nelle zone rurali. Con la riforma del 2023, la Pac ha introdotto anche nuovi strumenti come gli “eco-schemi”, pensati per incentivare pratiche agricole più rispettose dell’ambiente e del benessere animale. Tuttavia, molti di questi impegni sono stati ridimensionati nel 2024, in risposta alle proteste degli agricoltori in diversi stati membri.

Tra poco la Commissione europea deciderà le regole della Pac per i prossimi anni e speriamo che in parte i risultati dell’inchiesta statistica possano essere di spunto e di stimolo per le decisioni finali.

Cosa pensano gli italiani dell’agricoltura e del suo impatto ambientale

Secondo l’indagine, il 72% degli italiani ha un’immagine positiva dell’agricoltura nel nostro Paese, uno dei dati più alti d’Europa. Questo legame positivo si riscontra in modo trasversale, ma è più forte tra le persone con orientamento politico di centro-destra e un livello di istruzione elevato.

Nonostante questa fiducia, l’impatto ambientale dell’agricoltura è spesso sottovalutato: solo il 18% percepisce come negativo l’effetto del settore agricolo sull’ambiente. Un dato che può riflettere una scarsa conoscenza degli effetti legati, ad esempio, all’uso intensivo di pesticidi, all’erosione del suolo o alle emissioni climalteranti delle attività agricole.

Cosa chiedono davvero gli italiani alla Pac

Anche se solo un italiano su dieci dice di conoscere davvero nei dettagli la Pac, le richieste nei confronti delle sue priorità sono molto chiare. I cittadini intervistati chiedono che i fondi europei vengano destinati a garantire una disponibilità di cibo stabile e sicura, ad assicurare prezzi alimentari accessibili, a ridurre l’uso di pesticidi e antibiotici e a migliorare il benessere animale. Non meno importante è l’attenzione ai diritti e alle condizioni economiche di chi lavora nel settore agricolo: per molti italiani, la Pac dovrebbe garantire salari equi per i lavoratori e sostenere il reddito degli agricoltori.

Tuttavia, molti ritengono che questi obiettivi non siano stati raggiunti: un terzo pensa che in questi anni le regole della Pac non siano riuscite a contenere i prezzi dei prodotti alimentari, uno su cinque ritiene fallito l’obiettivo della riduzione di pesticidi e antibiotici, mentre un italiano su tre sostiene che la politica agricola comune non ha saputo rendere il settore attrattivo per i giovani.

Come distribuire i fondi della Pac?

Nel dibattito su come dovrebbero essere allocati i fondi europei destinati all’agricoltura, i cittadini italiani sembrano avere le idee piuttosto chiare. Pur in un contesto di conoscenza limitata della Politica agricola comune emerge una netta richiesta di riorientare le risorse verso modelli più equi e sostenibili.

Secondo l’indagine, una larga maggioranza della popolazione ritiene che le sovvenzioni europee debbano privilegiare le piccole e medie aziende agricole, che spesso operano in condizioni più fragili rispetto alle grandi imprese del settore. Non si tratta solo di una questione economica, ma anche culturale e ambientale: l’idea è che queste realtà, più radicate nei territori, siano anche più attente alla qualità del prodotto, al paesaggio e alla sostenibilità.

Accanto a questa richiesta emerge anche una forte attenzione verso il ricambio generazionale: molti italiani ritengono che i fondi debbano sostenere i giovani agricoltori, sia per garantire un futuro alla produzione alimentare europea, sia per promuovere l’innovazione e le buone pratiche. Ma il sostegno economico, da solo, non basta: è fondamentale che le risorse siano indirizzate anche verso chi sceglie di adottare pratiche agricole sostenibili, riducendo l’impatto ambientale delle coltivazioni e degli allevamenti.

Questa attenzione alla sostenibilità si riflette anche in un altro aspetto rilevante emerso dalla ricerca. Se da un lato la maggioranza degli italiani pensa che la transizione ecologica debba essere sostenuta con fondi pubblici, dall’altro ritiene che a farsi carico dei maggiori costi non debbano essere i consumatori, piuttosto l’industria alimentare e la grande distribuzione. La visione è chiara: se vogliamo davvero cambiare modello, non possiamo scaricare tutto sulle spalle di chi acquista, ma dobbiamo ripensare la catena del valore alimentare nella sua interezza. Eppure, non manca la disponibilità a fare la propria parte: molti italiani, infatti, dichiarano che sarebbero disposti a spendere di più per prodotti alimentari che rispettano criteri più stringenti in termini di qualità, provenienza locale, benessere animale e ridotto impatto ambientale.

Proteste degli agricoltori e responsabilità secondo i cittadini italiani

Negli ultimi anni, le proteste degli agricoltori hanno attraversato molti Paesi europei, Italia compresa. E gli italiani sono consapevoli del malcontento che serpeggia nel settore primario: secondo i dati raccolti, circa tre persone su quattro dichiarano di essere a conoscenza delle mobilitazioni portate avanti dagli agricoltori, segno che il tema ha avuto una forte risonanza mediatica e sociale.

Ma quali sono, secondo i cittadini, le cause principali di questo disagio diffuso? In cima alle preoccupazioni individuate dagli intervistati troviamo due fattori strettamente legati alla dimensione economica e competitiva del settore: da un lato la concorrenza ritenuta sleale dei prodotti importati da Paesi terzi, spesso a costi più bassi e con standard qualitativi e ambientali meno rigorosi rispetto a quelli europei; dall’altro, la cronica difficoltà degli agricoltori a ottenere un prezzo equo per i propri prodotti, troppo spesso schiacciati da logiche di mercato che premiano solo il ribasso.

Nonostante la complessità delle dinamiche in gioco, l’indagine ci restituisce anche una fotografia interessante su come gli italiani distribuiscono le responsabilità. La metà degli intervistati individua nell’Unione europea il principale colpevole della situazione attuale.

manifestazione con striscione 

Questa percezione può essere legata alla convinzione diffusa che le regole imposte da Bruxelles siano troppo rigide, poco trasparenti o incapaci di rispondere alle esigenze concrete del settore. Seguono, nelle opinioni raccolte, il governo nazionale – ritenuto responsabile per non aver saputo proteggere adeguatamente il comparto agricolo – e, in misura minore, l’industria agroalimentare, accusata di esercitare un potere eccessivo nella definizione dei prezzi lungo la filiera.

Quel che emerge, in definitiva, è una richiesta chiara di maggiore equilibrio e giustizia, non solo nella distribuzione dei fondi, ma anche nel rapporto tra i diversi attori del sistema agroalimentare. Se il patto sociale tra agricoltura e cittadini – su cui si fonda la Pac – vuole essere rinnovato, dovrà tenere conto di queste istanze e ricostruire un sistema che sia davvero sostenibile, equo e orientato al bene comune.

Pac, confronto tra l’Italia e gli altri Paesi europei

Rispetto alla media degli altri sette Paesi coinvolti nell’indagine (Austria, Francia, Germania, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna), l’Italia si distingue per una percezione dell’agricoltura più positiva, una minore consapevolezza dell’impatto ambientale e un livello di conoscenza della Pac nella media, ma accompagnato da una forte richiesta di equità e sostenibilità. A differenza di altri contesti nazionali, in cui la responsabilità dei problemi agricoli viene attribuita prevalentemente ai governi nazionali (come in Spagna e Portogallo) o alla grande distribuzione (come in Slovenia), in Italia, come in Francia e Germania, è l’Unione europea a essere percepita come l’attore principale da cui dipendono molte delle difficoltà del settore.

Serve un confronto con lEuropa

Federico Cavallo
Federico Cavallo – Responsabile Public Affairs & Media Relations Altroconsumo
Gli italiani riconoscono nell’Unione europea l’attore principale quando si parla di politiche agricole. Una percezione ben fondata, dal momento che le normative emanate dalla Commissione europea incidono profondamente su un settore che, anche grazie alla transizione verde, è destinato ad assumere un ruolo strategico nei prossimi anni.
È indispensabile, anche in agricoltura, adottare modelli produttivi circolari e sostenibili, pienamente in linea con i criteri Esg (ambientali, sociali e di governance). In questo scenario, l’innovazione rappresenta un elemento chiave: basti pensare alle nuove tecniche agricole e zootecniche in grado di ridurre il consumo di acqua ed energia, contenendo al contempo l’impatto ambientale.
Il comparto deve aprirsi al cambiamento e interpretarlo come una straordinaria occasione di crescita, innovazione e competitività (anche internazionale), puntando sulla qualità dei prodotti come dei processi. È tempo di superare resistenze e modelli ormai obsoleti: I fondi della nuova Politica agricola comune (Pac) dovrebbero incentivare con decisione la transizione ecologica, premiando chi investe in pratiche sostenibili e a basso impatto.
Occorre abbandonare la logica dei sussidi indiscriminati, per concentrare il sostegno, ad esempio, su giovani agricoltori e allevatori che scelgono l’economia circolare e l’innovazione come leve di crescita. Solo così sarà possibile rafforzare l’intera filiera – dalla ricerca alla produzione, fino al consumo – contribuendo in modo concreto allo sviluppo dell'intero sistema Paese
”.

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