mercoledì 14 maggio 2025

Carne coltivata: è sicura, sostenibile e accessibile? Cosa ne pensano gli italiani

Ridurre il consumo di carne si può e si deve. E allora, cosa pensano gli italiani della carne coltivata? Un’indagine di Altroconsumo rivela curiosità, dubbi e aspettative su questo novel food: la carne coltivata è davvero sicura? Sarà buona come quella vera? E soprattutto: potrà essere una scelta sostenibile e accessibile per tutti?

 

Altromangiare
di Lorenza Resuli
persona esamina carne in laboratorio

Parlare di sostenibilità significa inevitabilmente parlare di cibo. La produzione alimentare è responsabile fino al 30% delle emissioni globali di gas serra e assorbe il 70% dell’acqua dolce. In termini di impatto ambientale, le proteine di origine animale fanno la parte del leone: basti pensare che la produzione di 100 grammi di carne bovina genera 75 volte più CO2 rispetto alla stessa quantità di proteine ottenute dai  piselli

Eppure, il consumo di carne in Europa continua ad aumentare. La ragione non è tanto la mancanza di consapevolezza dei consumatori, molti dei quali sono disposti a cambiare le proprie abitudini alimentari anche riducendo il consumo di carne, quanto la difficoltà a trovare alternative appetibili, convenienti e sostenibili a uno dei cibi che amano di più. Fortunatamente, l'offerta di valide alternative proteiche alla carne si sta lentamente ampliando. Tra i novel food - cioè i cibi che non sono stati utilizzati in misura significativa per il consumo umano nell'UE prima del 15 maggio 1997 - uno di quelli più promettenti è la carne coltivata, ovvero creata in laboratorio a partire da cellule staminali prelevate da animali. 

Altroconsumo e i partner europei di Euroconsumers hanno condotto nei rispettivi Paesi (Italia, Spagna, Portogallo, Belgio) un'indagine sull'opinione dei cittadini riguardo a questa fonte proteica innovativa. I risultati forniscono importanti spunti su ostacoli e sfide da tenere in considerazione anche nei lavori in corso nell'Unione europea per autorizzare il commercio della carne coltivata. Ma mette anche in luce i presupposti da rispettare per creare un mercato regolamentato, trasparente e libero dai monopoli per questo prodotto. Un mercato, cioè, che garantisca ai consumatori un'alternativa proteica davvero più sostenibile, sicura e conveniente.

In Italia, Altroconsumo ha inviato un questionario  a un campione distribuito come la popolazione italiana (per genere, età, ovvero 18-74 anni, livello di istruzione e regione), ottenendo 1.001 risposte valide. Dalle risposte, oltre all'opinione degli intervistati sulla carne coltivata, emergono non poche curiosità su loro "rapporto" con quella tradizionale. Le soprese non mancano.

Gli italiani e la carne "tradizionale": come la scelgono e quanta ne consumano

Si dice "proteine" e il pensiero corre subito alla carne, considerata la principale fonte proteica dalla maggioranza dei consumatori. Il 97% degli intervistati, infatti, vive in una famiglia dove si mangia carne almeno una volta alla settimana. I principali criteri di scelta sono l’aspetto (65% degli intervistati), il prezzo (53%) e la provenienza (43%). Ma non solo. La buona notizia è che, per 3 italiani su 4, anche la sostenibilità dei prodotti ha un peso più o meno determinante sulle scelte di acquisto.

Impatto degli aspetti ambientali sulle scelte dei consumatori

Un'altra buona notizia è che oltre la metà degli italiani (56%) sostiene di aver già ridotto il consumo di carne negli ultimi 5 anni o di aver intenzione di farlo (12%) nei prossimi mesi. I più inclini a limitare o abbandonare bistecche & Co.? Gli intervistati con più di 56 anni, mentre i meno propensi sono i più giovani, gli under 38. 

Ma cosa frena ad adottare una dieta meno "carnivora"? Nel nostro Paese prima di tutto tradizioni famigliari e ambiente culturale (34%): abitudini ereditate dai genitori, contesto geografico… Un buon numero di intervistati, invece, nutre seri dubbi sull’impatto reale dei propri consumi di carne o perché pensa che siano già ridotti all’osso  (29%), o perché ritiene che il proprio sacrificio non farebbe alcuna differenza (28%).

Non sempre si riconosce l'impatto reale dei propri consumi, ma la consapevolezza sulle conseguenze della produzione di carne sull’ambiente c’è. Lo dimostra il fatto che il 67% degli intervistati chiede informazioni più chiare e dettagliate sull’impatto ambientale dei prodotti a base di carne, per esempio in etichetta o sulle confezioni. E lo conferma il fatto che il 58% degli intervistati è convinto che tra 10 anni “mangiare meno carne” diventerà mainstream.

Le alternative alla carne? Poco utilizzate e troppo costose

Non solo verdure e legumi. I novel food proteici candidati a sostituire o a integrare il consumo di carne tradizionale sono sempre più numerosi. Alcuni sono già sul mercato,  come la carne a base vegetale, i prodotti a base di alghe e insetti, o quelli vegetariani lavorati. Altri, come la carne prodotta con la fermentazione di precisione e quella coltivata, sono in attesa del via libera dall’Unione europea, che presto o tardi arriverà. Ma gli italiani conoscono e acquistano le fonti proteiche alternative almeno una volta ogni tanto?

Le alternative proteiche

Il 40% degli intervistati non ha mai sperimentato nemmeno una tra queste fonti proteiche alternative. Il 44% ammette che preferirebbe mangiare meno carne, piuttosto che sostituirla con una di queste alternative. E, dato ancora più interessante, il 49% sarebbe anche disposto a ridurre il consumo di carne introducendo le alternative proteiche, ma ritiene che siano ancora troppo costose.

Stringiamo l'obiettivo sull’alternativa più innovativa e tecnologica. Gli italiani hanno mai sentito parlare di carne coltivata? Più del 70% sì, anche se solo il 23% si dice informato sul tema. Ma se questa alternativa proteica fosse già disponibile sul mercato, quanti sarebbero disposti a provarla? Il 47% degli intervistati. Tra i più curiosi, troviamo ovviamente coloro che hanno già ridotto il consumo di carne o che pensano di farlo nel futuro prossimo. Ma anche tra i fedelissimi alla classica bistecca non mancano coloro che accarezzano l'idea di sperimentare questo novel food.

Provarla sì, ma a determinate condizioni. A partire dalla sicurezza per la salute

Carne coltivata e sicurezza: tanti dubbi sui rischi per la salute

A un nuovo cibo tendenzialmente si chiede che sia buono per il palato, conveniente per le tasche, ma soprattutto innocuo per la salute. Per i consumatori la sicurezza di ciò che mettono nel piatto non è negoziabile. L’inchiesta conferma l’importanza attribuita a questo requisito. Il 46% degli intervistati ammette di non fidarsi del consumo di carne coltivata e la metà (50%) confessa di temere i rischi  a lungo termine per la salute. Non sorprende, dunque, che proprio la salute sia in cima alla lista dei motivi per escludere la carne coltivata dalla loro dieta.

Sul versante opposto degli ottimisti:

• il 34% inserirebbe la carne sintetica (come viene impropriamente chiamata) nella propria dieta se fosse migliore per la propria salute;
• tra coloro che non sono disposti a provarla, quasi 1 su 3  riconsidererebbe il rifiuto in presenza di vantaggi per la salute;
• il 38%, infine, ritiene che la carne coltivata potrebbe essere più sicura della carne tradizionale grazie al suo processo di produzione, che elimina rischi, come la contaminazione batterica e l'uso eccessivo di antibiotici, presenti nella produzione di carne tradizionale.

Per garantire che le preoccupazioni dei consumatori in materia di sicurezza siano ascoltate, è essenziale che le norme di sicurezza siano rispettate. A tale proposito, la maggior parte degli intervistati ripone la sua fiducia soprattutto negli organismi pubblici europei, come l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), o nazionali con lo stesso livello di credibilità. Quando l'approvazione e la supervisione normativa sono garantite, ciò si riflette subito nella volontà delle persone di sperimentare la nuova proteina: se approvata dall'EFSA, il 50% degli intervistati in Belgio, Italia, Portogallo e Spagna romperebbe gli indugi e la proverebbe. 

Tranquillizziamo i più timorosi: l'EFSA dovrà effettivamente approvare la carne coltivava prima che venga commercializzata nei Paesi Ue, come d'altra parte tutti i novel food. Dopo il via libera dell'EFSA, l’immissione sul mercato dovrà essere autorizzata dalla Commissione europea.

In Italia non c'è una legge che vieta la produzione e commercializzazione di cibi e mangimi prodotti da colture cellulari o tessuti animali? Sì, risale al 2023. Ma probabilmente non potrà fermare le importazioni dai nostri vicini della Ue. Quando l'Europa farà scattare il semaforo verde, la carne sintetica potrà essere consumata verosimilmente anche nel nostro Paese.

Carne coltivata e prezzo: sostenibile anche per il portafoglio?

Quanto costerà la carne tradizionale? Sarà più economica di quella tradizionale? Un recente rapporto sostiene che se gli ostacoli normativi e politici saranno superati e il livello degli investimenti aumenterà, si può prevedere una parità di prezzo con la carne tradizionale entro il 2035-45. Bene? Non tanto. Le aspettative dei consumatori sono altre: 

• quasi la metà degli intervistati della nostra inchiesta si aspetta che la carne coltivata sia più economica della carne tradizionale;
• il 31% la includerebbe nella propria dieta solo se avrà un prezzo competitivo, cioè simile o inferiore al prezzo della carne tradizionale;
• il 54%, infine, ritiene che avrà successo solo se sarà alla portata di tutti.

Queste percentuali non sorprendono. L'offerta di cibo sostenibile a prezzi accessibili a tutti è una tra le richieste in cima ai desideri della maggior parte dei consumatori per i prossimi cinque anni. Come dimostrato anche dal Termometro Altroconsumo per il 2025, la crescita dei salari nel nostro Paese non ha compensato le dinamiche inflazionistiche degli anni passati e tante famiglie oggi si ritrovano in difficoltà a sostenere le spese essenziali, incluse quelle alimentari.

Insomma: l'industria e i governi nazionali sono chiamati ad assicurare che le fonti proteiche alternative più sostenibili non siano solo disponibili, ma anche accessibili a tutti. Anche questo è un tema di sostenibilità.

Carne coltivata sì, a patto che sia gustosa e nutriente come quella tradizionale

È il sogno di quasi la metà degli intervistati, che porterebbe in tavola la carne coltivata soltanto se avesse lo stesso gusto e la medesima consistenza della carne prodotta in modo tradizionale.

Ma nei laboratori ci stanno ancora lavorando. Anche se le cellule della carne coltivata sono bioidentiche a quelle della carne tradizionale, per poter raggiungere il suo sapore e la sua consistenza è necessario ottenere i giusti profili di grasso e aminoacidi, anche senza ricorrere all'aggiunta di additivi o aromi artificiali. Non ci siamo ancora, perché le versioni attuali di carne coltivata sono lontane dal loro "modello"... in carne e ossa.

Sul fronte nutrizionale, mantenere un buon apporto di nutrienti con la carne coltivata è possibile, ma non scontato. Sebbene la ricerca scientifica confermi che è possibile ottenere profili di aminoacidi molto simili, la valutazione andrà effettuata caso per caso. La carne tradizionale fornisce nutrienti chiave come ferrovitamina B12, zincoacidi grassi Omega-3 (EPA/DHA), vitamina D selenio. Sarà fondamentale garantire che i produttori di carne coltivata offrano massima trasparenza sui nutrienti effettivamente presenti.

L'informazione aumenta la consapevolezza sulla sostenibilità della carne coltivata

La carne coltivata ha per molti aspetti un impatto ambientale decisamente inferiore rispetto a quella tradizionale, soprattutto in termini di emissioni di gas serra e di sfruttamento del suolo (niente allevamenti = terra liberata). Inoltre, può consentire la salvaguardia degli animali (niente macellazione). 

La metà degli intervistati della nostra inchiesta riconosce che questa proteina alternativa ha un impatto ambientale minore e che potrebbe contribuire a mitigare il cambiamento climatico se fosse lanciata sul mercato. Una percentuale simile pensa anche che consentirebbe ai consumatori di mangiare più sostenibile senza dover rinunciare all’irresistibile sapore della carne.

l’altra metà degli intervistati? Non ne ha la minima idea. Ignora cioè le potenzialità della carne coltivata in termini di sostenibilità e di minore impatto ambientale. Un dato preoccupante che denuncia l'urgenza di più informazioni chiare e complete sulla carne sintetica in particolare e sui prodotti a base di carne in generale. 

L'importanza di "sapere" per compiere scelte più consapevoli e sostenibili è confermata da un altro dato emerso dall’inchiesta: i consumatori che si definiscono informati sulla carne coltivata sono più propensi a credere che abbia un impatto positivo sul clima (61%) rispetto a quelli che non ne hanno mai sentito parlare (35%).

La carne coltivata rinforza l'Europa e aumenta l'accesso al cibo

C'è un ultimo aspetto che la carne coltivata chiama in causa: la sicurezza alimentare. Il 46% dei nostri intervistati crede che questa proteina alternativa possa rendere l'Europa meno dipendente dalle importazioni.

C'è molto di vero in questa opinione. L'Europa dipende fortemente dalle importazioni sul fronte proteico, in particolare per l'alimentazione del bestiame. Questo la rende vulnerabile alle interruzioni esterne della catena di approvvigionamento, come si è visto durante il COVID-19 e la guerra in Ucraina. Se si potesse ridurre parzialmente il fabbisogno di importazioni su larga scala di mangimi per animali grazie alla carne coltivata, l'Europa sarebbe meno dipendente dall'estero. Che in un'epoca di possibile guerra commerciale è comunque una buona notizia. Infine la produzione in impianti controllati rende la carne coltivata più resistente ai cambiamenti climatici come siccità, inondazioni e incendi.

Inoltre, il 42% del nostro campione sostiene che la carne coltivata può anche contribuire a garantire l'accesso di tutti a carne di alta qualità. Vero anche questo, a patto però che l'Europa prenda le redini di questo nuovo mercato orientandolo verso l’equità, la competizione leale, il sostegno economico alle piccole imprese e agli agricoltori. Solo un mercato sano e concorrenziale garantisce ai consumatori varietà di prodotti e prezzi contenuti.  

Per garantire che questa tecnologia non venga fagocitata da un numero limitato di imprese, l'Europa dovrebbe creare in modo proattivo un piano su come strutturare questo settore. Questo è anche ciò che gli italiani chiedono: il 61% degli intervistati ritiene che la produzione di carne coltivata debba essere regolamentata dalle autorità pubbliche per garantire l'accesso a tutti e prevenire i monopoli, mentre il 48% spinge l'Europa a fare di più per promuovere le alternative sostenibili alla carne.

Regolamentazione della carne coltivata

Quello che i consumatori "chiedono" per portare in tavola la carne coltivata

I risultati che Altroconsumo ha raccolto in Italia, molto simili a quelli emersi nei  Paesi che hanno partecipato all’indagine di Euroconsumers (Spagna, Portogallo e Belgio), ci dicono che i consumatori italiani ed europei sono aperti a considerare questi prodotti nuovi e a rendere la propria alimentazione un po’ più sostenibile.

È chiaro che una legge italiana che impedisce la commercializzazione della carne coltivata nel nostro Paese appare in controtendenza rispetto a quello che accade in altri Paesi. Come affermato da Federico Cavallo, Manager Public Affairs & Media Relations di Altroconsumo: “Ancora una  volta la società e le persone sembrano più avanti della politica e della legislazione. Una legge italiana, com'è l'attuale, che preventivamente e arbitrariamente limita la produzione e la commercializzazione della carne coltivata appare quindi chiaramente anacronistica e in controtendenza rispetto a quello che accade in altri Paesi. Le limitazioni imposte non fanno bene ai consumatori italiani perché potrebbero escluderli sin d'ora dalla possibilità di avvantaggiarsi di uno sviluppo futuro di questo mercato e dalla libertà di scegliere questa opzione, se ritenuta valida, ad esempio perché considerata più sostenibile. Al contempo è un freno per il Paese, poiché impedisce alle imprese di sviluppare soluzioni innovative con le quali potremmo invece crescere e competere, laddove altri lo faranno al posto nostro. L’Italia, sempre chiedendo il massimo rispetto dei criteri di sicurezza e trasparenza nella produzione e commercializzazione della carne coltivata, non dovrebbe chiamarsi fuori ma al contrario svolgere un ruolo nel dibattito europeo sul tema dando il contributo di cui è capace, anche riconsiderando le scelte frettolosamente prese a fine 2023”.

Quando arriverà sul mercato, la carne coltivata dovrà essere:

  • sicura per la salute: dovrà, cioè, aver ricevuto l’approvazione dall'EFSA, autorità che riscuote la piena fiducia dei consumatori. Inoltre, saranno necessari controlli dopo l’immissione sul mercato per verificare la sicurezza della carne coltivata sul lungo termine;
  • accessibile a tutti:  dovrà, cioè, essere più economica o quantomeno avere un prezzo competitivo rispetto alla carne tradizionale;
  • ricca di nutrienti:  dovrà, cioè, offrire proteine di alta qualità e nutrienti essenziali come la vitamina B12 e il ferro. I prodotti dovrebbero essere accompagnati da informazioni chiare in etichetta sulla composizione, consentendo ai consumatori di fare una scelta informata;
  • buona come quella "vera": dovrà, cioè, avere il sapore e la consistenza della carne tradizionale, un traguardo raggiungibile solo perfezionando i profili di grasso e aminoacidi, senza aggiungere aromi e additivi;
  • una scelta sostenibile: il beneficio ambientale della carne coltivata rispetto alla carne tradizionale dovrà essere reso chiaro per i consumatori, anche attraverso un'etichettatura chiara e attraente;
  • promossa attraverso informazioni chiare e oneste: per aumentare la consapevolezza dei consumatori è necessario promuovere campagne imparziali e basate su informazioni scientifiche, che spieghino le opportunità dei nuovi alimenti e il vantaggio comparativo rispetto alla carne tradizionale.

Quello che l'Europa può fare per promuovere un mercato sano

L'Europa ha avuto il primo brevetto per coltivare carne da cellule staminali da Willem van Eelen nel 1999, il primo hamburger di carne coltivata dal dottor Mark Post nel 2013 e le prime degustazioni di prodotti a Londra nello stesso anno. La maggior parte dello sviluppo tecnico iniziale della carne coltivata è avvenuto in Europa.

Ora il Vecchio Continente ha la possibilità di assumere la guida di questo nuovo mercato in modo che porti vantaggi per tutti: per l'ambiente, per i consumatori e anche per l'economia.  Ciò sarà possibile a patto che:

  • la carne coltivata e le nuove proteine siano incluse nel Biotech Act, il pacchetto legislativo UE che punta a rafforzare la competitività dell’Europa nelle biotecnologie e nella produzione di bioalimenti;
  • sia incentivato l’accesso a fondi pubblici e privati, istituendo fondi di investimento mirati per aiutare le start-up di proteine alternative ad aumentare la produzione e diventare competitive a livello globale. L’impegno pubblico sbloccherà gli investimenti privati che scarseggiano in Europa;
  • le innovazioni vengano condivise pubblicamente: quando viene utilizzato il denaro pubblico si creano le condizioni per portare alla luce del sole le innovazioni che ne derivano. Ciò consentirebbe a più operatori di entrare nel mercato, di tagliare i costi lungo la catena di produzione e di abbassare i prezzi per i consumatori;
  • sia garantita una concorrenza leale: rivalutare i vantaggi finanziari e normativi di cui gode la carne convenzionale, nell'ambito della Politica Agricola Comune (PAC), per creare condizioni di parità, e far rispettare le leggi antitrust, per prevenire la monopolizzazione di queste nuove tecnologie;
  • venga agevolato il processo di approvazione di EFSA: è necessario renderlo più rapido e semplice, pur garantendo la completa sicurezza dei prodotti che vengono immessi sul mercato, con lo scopo di favorire una più rapida diversificazione delle fonti proteiche introdotte nella dieta della popolazione europea;
  • i consumatori e le organizzazioni che li rappresentano siano coinvolti fin da subito nel processo decisionale.

 

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